In seno all’onda euforica di inizio millennio della cosiddetta New Economy, nuove forme retributive nate negli Stati Uniti si sono fatte strada anche nel tessuto economico del nostro paese.
La caratteristica saliente di queste nuove forme di remunerazione del lavoro risiede nel duplice pilastro che sta alla base della formazione della retribuzione del lavoratore, caratterizzata da un duplice pacchetto retributivo composto da una quota fissa di stipendio e da una quota variabile.
Il sistema delle stock option è quello che ha riscosso e sta ancora riscuotendo il maggiore successo.
Nata principalmente in seno alla necessità di allineare gli interessi dei manager con quelli della proprietà, cioè gli azionisti, una stock option altro non è che un’opzione sull’acquisto o sulla sottoscrizione di azioni che una Società offre ai propri dipendenti ad un prezzo determinato (prezzo di esercizio) e che può essere esercitata entro una certa data o in un periodo di tempo prefissato e limitato.
Il fine di questa forma di remunerazione del lavoro è quello di motivare i manager aziendali ad effettuare scelte che massimizzino il valore creato per gli azionisti e, quindi, per se stessi.
Il Legislatore ha ritenuto, inizialmente, di dover incentivare fiscalmente il ricorso a questa forma retributiva ed il regime fiscale agevolato delle stock option è entrato nel nostro ordinamento giuridico con il Decreto Legislativo 23 dicembre 1999, n. 505, successivamente modificato dall’art. 36, comma 25 del Decreto Legge 4 luglio 2006, n. 223 (convertito con modifiche nella Legge 4 agosto 2006, n. 248) e dall’art. 2, comma 29 del Decreto Legge 3 ottobre 2006, n. 262 (convertito con modifiche nella Legge 24 novembre 2006, n. 286) ed ancora modificato, in senso restrittivo, dall’art. 82, comma 23 del Decreto Legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito con modifiche nella Legge 6 agosto 2008, n. 133).
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